di Steno Lamonica
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Il professor Sandro Consolato dirige “La Cittadella”(http://www.lacittadella-web.com/), rivista di studi storici e tradizionali fondata da Salvatore Ruta nel 1984, che dal 2001 viene pubblicata in una veste grafica più prestigiosa a cura di Serafino Di Luia, titolare delle “Edizioni del Graal”. Sandro Consolato è profondo conoscitore della Tradizione romano-italica, nonché attento osservatore della realtà politica e sociale della nostra Nazione da un angolo visuale tradizionale ma attento alle problematiche della modernità. Gli rivolgiamo alcune domande e lo ringraziamo per la sua squisita disponibilità.
Professor Consolato, ci parli della Tradizione romano-italica e del suo ruolo nell’Italia di oggi, con particolare riferimento al ruolo e all’influenza della Sua rivista. Il tema della Romanità attraversa tutta la storia dell’Italia dopo la fine dell’Impero Romano d’Occidente. Tutti gli spiriti più alti del nostro Paese, da Dante ad Alfieri e da Mazzini a Mussolini, hanno ritenuto Roma la stella polare di riferimento per la ricostruzione morale e civile della civiltà italiana e per la fondazione o la rettificazione dello Stato unitario. Questo sentimento della Romanità dovrebbe essere un sentimento per così dire ‘generale’, diffuso tra tutti gli Italiani, indipendentemente da appartenenze religiose, politiche e culturali: si tratta in fondo di riconoscersi eredi di una civiltà ammirata in tutto il mondo. Purtroppo tira un’altra aria, come dimostra l’offesa di un Bossi all’acronimo SPQR. Quanto alla Tradizione romano-italica in senso strettamente spirituale, essa oggi conosce diversi gruppi, formali e informali, che si curano di tenerne vivo l’aspetto rituale. La mia rivista, “La Cittadella”, valorizza la Romanità sotto tutti i punti di vista: religioso e culturale. Credo che essa abbia avuto, stia avendo un ruolo decisivo nell’orientare verso la Tradizione nazionale un numero non altissimo, e comunque crescente di persone, di varia età, cultura, provenienza politica.
Esiste a Suo parere una continuità – una sorta di filo conduttore della Storia Patria – tra Romanità, Ghibellinismo, Rinascimento, Risorgimento e Fascismo?
Un po’ ho già risposto. Comunque sì: è stata Roma ad unificare le genti della Penisola, e quindi questa origine e questa eredità hanno influenzato vari momenti della nostra storia, con alcune differenze. Nel Medioevo Roma è variamente tenuta presente. Nel ghibellinismo per via del mito dell’Impero, ma con non poche differenze tra un imperatore e l’altro: dal nostro punto di vista è soprattutto Federico II ad essere correttamente orientato, in quanto ha chiara la centralità che l’Italia deve avere nell’Impero. Non bisogna però ignorare il fatto che la rinascita comunale ha un suo senso ‘romano’: la civiltà romana è essenzialmente urbana, e nel riprendere anche certi nomi, come quello di ‘consoli’, per denominare i magistrati, agisce senz’altro una memoria culturale. Nel Rinascimento vi è una più generale riscoperta della civiltà antica, e anche delle sapienze precristiane. Il Risorgimento è un fenomeno con varie anime, e anche vari periodi, ma il fine dell’unità politica di tutta la nazione entro determinati confini, etnico-linguistici e geografici, è impensabile senza il ricordo dell’Italia romana, centrale soprattutto nella sinistra nazionale: in Mazzini, in Garibaldi. Nel Fascismo Mussolini evoca ‘il sogno di un’Italia romana”, che però compromette con il ridare al Papato un potere abnorme, di cui egli stesso rimarrà vittima: la Chiesa aveva avuto da Mussolini tutto ciò che voleva, ma non solo Pio XII non riconobbe diplomaticamente la RSI, ma riceveva in Vaticano in udienza i piloti alleati che avevano bombardato l’Italia e Roma stessa…
In quale misura la scuola italiana è colpevole in particolare dell’oblio delle tradizioni classiche, romano-italiche, della nostra Patria e più in generale della decadenza del sentimento nazionale in Italia?
La scuola italiana fu deputata, insieme all’esercito, al compito di ‘fare gli Italiani’. La cultura classica, e il binomio Virgilio-Dante, avevano una funzione centrale in quest’opera. Dal ’68 in poi non si farà che colpire, dal basso e dall’alto, quell’idea. E poi, si pensi solamente al fatto che fino a un po’ di anni fa al secondo anno del biennio di tutte le scuole si studiava, per la storia, solo storia romana: ora questa è spezzata tra primo e secondo anno, e si fa con molta difficoltà.
Quali libri suggerisce per coloro che intendono avvicinarsi alla Tradizione romano-italica?
Suggerisco di iniziare col leggere un libro semplice e accattivante: “L’anima romana” di Pierre Grimal, edito in Italia da Donzelli. Poi le storie della religione romana di Dumézil, di Del Ponte ecc.
In Europa si assiste con ritmo crescente alla riscoperta delle ancestrali tradizioni culturali dei popoli e delle etnie. Si tratta di fenomeni genuini o di puro folklore?
Beh, un fenomeno può essere genuino e correre il rischio di degenerare in puro folklore. Credo che nella cultura di questi movimenti europei si debbano operare delle rettificazioni, che devono cominciare dall’aspetto estetico, dalle forme di apparizione, che a volte fanno un po’ sorridere. Le cose più interessanti si vedono in alcuni paesi dell’Est, come la Lituania, che hanno tutta una tradizione folklorica (nel senso nobile del termine) che tramanda un sentire pagano naturale, non costruito a tavolino.
Proprio in Lituania, e anche in Islanda, le confessioni religiose pre-cristiane tradizionali di quei paesi, già oggetto di una riscoperta che è sfociata nella costituzione di vere e proprie comunità religiose, sono state riconosciute ufficialmente dallo Stato. Quale significato bisogna attribuire a questo fatto?
E’ un fatto molto positivo, perché consente una presenza accettata nella società e la libertà di fare determinate cose. Io trovo che sia ingiusto, ad es., che in Italia non si possa avere per cerimonia funebre l’arsione sulla pira, all’aria aperta, con la scusa di ragioni igienico-sanitarie.
Sul piano politico, Ella ritiene che possano concepirsi e realizzarsi autorità ed ordinamenti che si pongano come scopo precipuo il miglioramento qualitativo – dal punto di vista fisico, etico e civico - dei cittadini?
Mah, questo è l’ideale della polis antica! Si parla molto di ‘cittadinanza’, ma si intende qualcosa di molto diverso da quell’ideale antico, proprio di Greci e Romani.
Secondo Lei, con quale linguaggio la politica dovrebbe rapportarsi alla gente comune?
Con un linguaggio semplice ma esaltante. Parlare alla pancia (ovvero ai bisogni materiali) e al cuore (livello sentimentale e ideale). Il successo della Lega consiste in questa capacità.
“Historia magistra Vitae”. Quanta verità c’è in questo detto? Può la storia insegnare qualcosa alla politica e in particolare agli uomini di Stato?
Io temo che questo bel detto non sia mai stato preso in considerazione da nessuno. Hitler, e con lui Mussolini, le pare abbiano riflettuto adeguatamente sulla campagna di Russia di Napoleone?
Secondo Lei, come si pone il sistema liberaldemocratico, capitalistico e consumistico del mondo moderno a fronte della dignità degli esseri umani e della salvaguardia della loro dimensione spirituale?
Si pone molto molto male. Lo spirituale va bene solo come elemento riconducibile al mercato. Però tenga presente che oggi conosciamo sistemi capitalisti e consumisti che non sono liberaldemocratici, come quello cinese. Penso che in Occidente certi poteri stiano guardando con invidia a quel sistema, da qui la progressiva riduzione, da noi, degli spazi reali di democrazia, e anche dei diritti liberali più genuini, che sono figli dello stesso sentire libero della Tradizione Indoeuropea.
A proposito di Indoeuropei, ha un valore, oggi, secondo Lei, un richiamo politico all’indoeuropeismo?
Sì, secondo me è un richiamo importante. Per due motivi. E’ un elemento di coesione tra i popoli europei (nei quali però esiste anche un nobilissimo fondo pre-ario: si pensi ad es. ai Baschi, che sembrano essere i più diretti eredi dell’uomo europeo del tardo Paleolitico) il sapere di avere una radice comune, e nello stesso tempo è un ponte (eurasiatico) verso altri popoli, dalla Persia all’India, con cui dobbiamo costruire un rapporto positivo di collaborazione.
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